Breeders Trust intercetta semi di patata contraffatte in Italia

Bruxelles, 28 agosto 2013. Nella giornata di oggi, Breeders Trust ha firmato l’ultimo accordo transattivo con una azienda agricola Italiana che aveva propagato senza autorizzazione una varieta’ di patata protetta da titolo di privativa comunitaria. Oltre a quest’ultimo accordo, Breeders Trust ha siglato in tutto otto (8) differenti accordi transattivi con otto (8) differenti aziende agricole, operanti nel settore della produzione di patate; detti accordi sono stati raggiunti per regolarizzare atti illeciti commessi nell’anno 2012, in violazione della normativa nazionale e comunitaria in materia di diritti di sfruttamento, ai danni del costitutore, titolare della varieta’ vegetale protetta. La campagna di legalizzazione sopra descritta ha coinvolto circa 800 tonnellate di produzione di patate derivanti da semi certificati dell’anno 2012 delle varietà protette Marabel, Laura, Almera e Melody. Breeders Trust, con sede a Bruxelles, e’ riuscita a scoprire le violazioni di legge a seguito di una serie di indagini e di ricerche che avevano rivelato come alcune società, prive di autorizzazione da parte dei titolari di brevetto, certificavano semi di varieta’ protette presso il Servizio di Ispezione Italiano per le Sementi (ENSE). In questo modo, le aziende in questione erano in grado di commercializzare I semi contraffatti con certificati ufficiali, senza tuttavia munirsi della previa autorizzazione da parte dei titolari diritti di proprieta’ industriale, ed omettendo quindi il pagamento delle royalties dovute ai legittimi titolari. Secondo quanto previsto dalla legge Italiana No. 241/1990 e successive modifiche, i moltiplicatori possono essere facilmente rintracciati da parte della Breeders Trust mediante l’accesso agli atti amministrativi del Servizio di Ispezione Italiano per le Sementi (ex-ENSE, divenuto CRA-SCS). Geert Staring, direttore di Breeders Trust, ha commentato la vicenda, dicendo che “I semi di patate che abbiamo legalizzato sono stati certificati dall’autorità di controllo italiana lo scorso inverno a seguito delle ispezioni nei luoghi di produzione. Una volta ricevuti i dati delle varie aziende coinvolte, abbiamo immediatamente chiesto che il seme illegale venisse distrutto e ritirato dal mercato. Inoltre, le aziende coinvolte avrebbero dovuto pagare le royalties dovute, un’indennizzo e le spese legali, oltre ad un impegno a non commettere nel prossimo futuro nuove violazioni di brevetto”. Nicola Novaro, l’avvocato italiano di Breeders Trust, aggiunge altresi’ che “questa esperienza dimostra che le imprese italiane coinvolte nella produzione illegale di semi di patate devono rispettare le disposizioni in materia di proprietà intellettuale e che, al momento in cui vengono scoperte e ricevono una diffida, non hanno altra scelta se non quella di riconoscere l’illecito commesso provvedendo, con immediatezza, alla corresponsione delle somme dovute, unitamente alla liquidazione delle spese legali causate; si tratta di moderate spese addizionali tutte a carico dei produttori illegali, a dimostrazione del fatto che gli accordi transattivi extra-processuali sono per loro auspicabili piuttosto che essere riconosciuti responsabili in cause dall’esito scontato a favore dei titolari di diritti IP e che farebbero lievitare enormemente le spese di soccombenza”. Geert Staring è soddisfatto degli accordi transattivi siglati, volendo evitare, possibilmente, il coinvolgimento in procedimenti giudiziari. E’ importante rendersi conto che non solo il mercato della patata viene gravemente turbato da fatti del genere, ma anche il titolare di diritti di proprieta’ industriale subisce il danno di non venir remunerato, con un danno economico importante. Non è accettabile che, da qualche parte degli Stati membri della UE vengano coltivati semi illegali di patate per il consumo, e che vengano altresi’ segretamente registrati per la certificazione ufficiale, senza il consenso del proprietario della varietà protetta, e senza alcuna sanzione contro il coltivatore richiedente. Nel caso sopra descritto, i semi appartenenti alla classe A sono stati esportati nel 2011 per essere nuovamente coltivati per il consumo. Detta condotta e’ illecita posto che e’ fatto espresso divieto di utilizzare tali semi per ulteriore moltiplicazione e per la loro commercializzazione negli anni successivi, senza il consenso del titolare. L’autorità di controllo (ex-ENSE, ora divenuto CRA-SCS), non può essere ritenuta responsabile per quanto sopra accaduto. Al momento della registrazione dei semi in campo aperto, CRA-SCS controlla unicamente che la produzione avvenga con semi certificati, ma non ha il compito di controllare se il produttore detiene il permesso scritto di ulteriore moltiplicazione concesso da parte del titolare dei diritti della varietà protette in uso.